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PHILIP J. FARMER (pt.4): I ROMANZI TEOLOGICI

Una volta iniziata a leggere la produzione di Philip José Farmer è difficile fermarsi, sebbene non abbia scritto autentici capolavori e non lo si possa paragonare all'eccellenza letteraria di Clarke, Asimov, Simak o Ballard. Probabilmente perché, al di là della forma grezza di alcuni suoi lavori e della maschera di ingenuità sotto cui si rifugiano alcuni altri, è uno scrittore pieno di idee originali, accattivanti, di quelle che rimangono una volta chiuso il libro.
Ho già parlato di diversi altri libri di Farmer e di come questo autore sia incline a toccare tasti scottanti quali religione e sessualità, a mettere in gioco verità e ipocrisie presenti nelle varie sfere che definiscono l'essere umano. Recentemente ho letto due romanzi che definirei (qualcuno mi pare l'abbia già fatto) di “fantascienza teologica”, dove è la questione religiosa a fare da padrone. A mio parere, in un caso i risultati sono eccellenti, nell'altro minori.


Il distruttore (1981) è la storia del capitano di una nave spaziale ossessionato dalla statuetta di un idolo che, di fatto, è un Dio vero e proprio che gli parla e gli comunica il suo volere. Come un martire biblico, si sacrificherà per sconfiggere un'entità che minaccia la vita nell'intero universo.
Romanzo geniale, uno degli apici di Farmer, il cui pregio maggiore sta nel fondere perfettamente una storia visionaria e avvincente con concetti spirituali, astratti, difficili da maneggiare. Per la prima volta Farmer parla della religione Musulmana, tratteggiando un protagonista il cui retaggio musulmano è fonte di grande confusione. La forma del romanzo è quella dell'avventura spaziale (un'astronave contro una creatura chiamata Bolg) ma nel giro di poco, a lettura iniziata, il libro si rivela molto più profondo e ricco, insomma tutto fuorché una sempliciotta avventura spaziale. Finisce diritto nella fantascienza new wave, anche perché certamente ha qualche debito nei confronti di tutta l'avanguardia dei decenni precedenti.
Pagella: idee alla base ****½, sviluppo ****½ , consigliato ****½

Meno riuscito, forse perché troppo radicale e didascalico, è Cristo marziano (1979). Nascosta su Marte c'è una civiltà di discendenza in parte terrestre, caratterizzata da costumi ebraici e guidata da quello che sembra l'autentico Gesù Cristo. Dopo che una spedizione svela l'esistenza di questo popolo, Gesù e i suoi marziani giungono sulla Terra con la promessa di una nuova era di luce.
Il problema del libro non è certo l'idea, controversa e provocatoria in pieno stile Farmer. Bensì è il fatto che quasi interamente la narrazione si focalizza sull'esplorazione dei costumi e della società marziana-ebraica da parte degli astronauti terrestri. L'idea viene portata avanti solo da grandi descrizioni e lunghi discorsi didascalici, quasi a testimoniare che l'autore, prima di affrontare il romanzo, ha studiato bene tutto il contesto storico e religioso. L'epilogo, nel quale si allude al punto di vista dei terrestri, cioè che il Cristo marziano possa rivelarsi il suo contrario, l'Anticristo, è limitato a pochissime pagine. Peccato, perché era un'altra grande idea. Già a metà romanzo arrivano momenti di noia e prolissità, e questo è il peggior difetto di un libro che avrebbe avuto ben altre potenzialità.
Pagella: idee alla base ***, sviluppo **, consigliato **

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