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JOHN LEE HOOKER




John Lee Hooker nacque il 22 agosto 1917 nel mezzo del Delta del Mississippi, undicesimo figlio di mezzadri delle piantagioni della cosiddetta "cotton-belt" nel sud degli Stati Uniti. Pochi anni dopo la madre, John e il patrigno Will Moore si trasferirono vicino a Vence, Mississippi. “Avevamo una grande fattoria con maiali e galline e avevamo sempre da mangiare. Non ho mai patito la fame”, disse.
Fu precocemente influenzato dalla musica ascoltata alla radio e dagli spirituals, i canti della chiesa, e realizzò di avere altre ambizioni che non il lavoro nei campi. “Mio padre mi faceva suonare nel fienile e lo chiamava 'il Diavolo'. A quei tempi il blues era 'la musica del Diavolo', e spesso anche i bluesman erano considerati così. C'era molta superstizione nel Mississippi”.
Il patrigno invece era un cantante blues; suonava saltuariamente con gente del calibro di Charley Patton e Son House. Diede a John le prime nozioni chitarristiche e gli permise di suonare anche in casa. Dal boogie su una corda, John imparò la struttura a 12 battute con la progressione tipica degli artisti blues del Delta, a cui aggiunse il suo personalissimo approccio vocale.
In seguito Hooker definì lo stile di Moore come molto personale ed originale, imputandogli una grande influenza sul proprio stile. Moore era cresciuto in Louisiana e il suo blues era ancora molto legato ai ritmi africani: un unico, ripetitivo, ipnotico accordo ripetuto ostinatamente. Hooker fece suo questo modo di suonare, trasformandolo. Le linee di basso tenute col pollice, le pause di enfasi alla fine dei fraseggi e una serie di effetti, legature, picchettati veloci e vibrati hanno generato il suo stile personale, che affonda le radici nelle tecniche tradizionali del blues acustico, ma che si evolve anche verso uno stile più incalzante ed ipnotico.
Echi dei ritmi africani si sentono in tutta la carriera di Hooker, da “Down Child” e “Crawlin' King Snake”, a “I Got My Eyes On You” e “I Cover The Waterfront”. In un brano come “I'm Bad Like Jesse James”, dove la chitarra risponde alla voce, Hooker unificò elementi tradizionali del Vecchio e del Nuovo Mondo.
La base chitarristica di gran parte della sua produzione derivò dagli insegnamenti del patrigno, e fu l'accordatura in “open G” (come in “Crawlin' King Snake”), cui occasionalmente aggiungeva capotasti per salire in “open B” (“Hoogie Boogie”). La prima celebre accordatura standard risale a “I'm In The Mood” del 1951.
“Il mio patrigno mi disse: fallo così oppure non farlo; questo è il mio blues; non viene da accordi pretenziosi o veloci. E aveva ragione”. Intorno ai 14 anni, John cominciò a girare per varie città, tra cui Memphis, cantando in svariati cori gospel. Nel 1943, a 26 anni, emigrò a Detroit. Lì divenne assiduo frequentatore dei locali blues di Hastings Street, il cuore della musica nera. Fu in questo ambito che diede corpo alla sua vocazione di musicista blues, col suo inconfondibile canto rurale, grezzo ed elegante al tempo stesso, cadenzato da un inconfondibile fraseggio vocale disconnesso dalle battute, molto più di quanto accade solitamente nel blues. Malgrado fosse analfabeta, divenne un paroliere piuttosto prolifico: accanto ai tradizionali argomenti dei testi blues, costruiti su temi ricorrenti, sviluppò una sua produzione in maniera originale.
“Volli andare a Nord e avere una chance di diventare musicista. Non andai a Chicago perché c'erano già troppi bravi musicisti. Pensavo che a Detroit ci fosse molto lavoro e pochi musicisti, ma mi sbagliavo. Il più famoso, quando arrivai, era T-Bone Walker, che divenne uno dei miei dei. Lo seguii come un cagnolino e arrivò a conoscermi e a farmi suonare la sua chitarra”. Lo stile fluido e legato di Walker, texano, era ben diverso da quello di Hooker. Rappresentavano in effetti i due poli opposti degli stili blues.


A Detroit suonò inizialmente in feste private. Sempre a Detroit la prima moglie e poi la seconda, con cui rimase per 25 anni. Verso la fine degli anni '40 sviluppò molte delle canzoni abbozzate nei primi tempi (“Boogie Chillen”, “Sally Mae”) ed entrò nel circuito dei bar e dei club. Nel 1948 la carriera discografica di Hooker ebbe finalmente inizio con il singolo “Boogie Chillen”, che codificò lo stile guitar-boogie. Fu prodotto dalla Pan American, e nella stessa seduta furono registrate anche “Sally Mae”, “Highway Blues”, “Wednesday Evening Blues”.
“Boogie Chillen” divenne presto un successo e la sua distribuzione passò alla Modern Records di Los Angeles. “Dovunque andavi potevi sentirlo dalle finestre delle case o nei negozi”, disse Hooker. Ma gli studi negli anni '50 pagavano poco i musicisti neri, perciò Hooker iniziò a trascorrere le notti andando di studio in studio e con nuove canzoni o variazioni ad ognuna di esse. I brani furono registrati, secondo le condizioni contrattuali, sotto gli pseudonimi di John Lee Booker, Johnny Hooker o John Cooker.
John Lee Hooker suonava con uno stile libero ed improvvisato, raramente con un ritmo standard: i cambi di tempo erano la norma, funzionali all'andamento della canzone e ai cambiamenti di umore di cui essa era permeata. Le sovraincisioni erano impossibili, e i brani di quel periodo risultano spesso sostenuti da un battere ostinato sulla cassa della chitarra o su un'asse di legno, espediente dalla forte espressività.
Fino al 1954 incise a Detroit per la Modern Records (“Hobo Blues”, “Crawlin' King Snake”, “Huckle Up Baby”, “John L's House Rent Boogie”, “I'm In The Mood”, “I'm Ready”) ma con poca rendita in termini economici. Alcuni pezzi furono incisi clandestinamente sotto pseudonimo. Riprese più tardi nella sua carriera alcuni dei brani dei primi tempi, soprattutto in occasioni di duetti con altri famosi musicisti (Eric Clapton, Stevie Ray Vaughan).
Nel 1955 Hooker firmò con la Vee-Jay di Chicago. Nel corso del decennio successivo le sue hits furono sostanzialmente tre: “I Love You Honey” ('58), “No Shoes” ('60) e “Boom Boom” ('62). Tuttavia suonò con molte formazioni di tre, quattro e cinque elementi, rinnovando il suo impatto da band-leader per gli anni a venire. Hooker passò poi alla Chess e ad altre etichette, anche se le hits del blues erano passate di moda. Ma nella seconda metà dei '60 la sua reputazione come punto di riferimento del blues fu riconosciuta universalmente sia dalle band della nuova scena folk-rock, che gli tributavano cover, sia dal grande pubblico (soprattutto a seguito del primo tour europeo del 1962). Quegli anni sono comunque caratterizzati da brani divenuti classici come “Dimples” e “One Bourbon, One Scotch, One Beer”.
Il Live At Cafè Au-Go-Go (1967), il doppio lp Hooker 'n Heat (con i Canned Heat, 1971) e il live Alone (1976) furono i suoi più grandi successi nell'era del rock e del pop. A metà dei '70 John si dedicò anche a una delle sue passioni, il baseball, e pensò persino di ritirarsi dalle scene. Ma il breve periodo di declino passò quando la Atlantic acquistò e ripubblicò il suo catalogo di successi. Nel 1980 fu la volta del cammeo nel film The Blues Brothers: lo stile improvvisato di Hooker permise la registrazione dal vivo in presa diretta, diversamente dal playback solitamente utilizzato.
Intanto Hooker proseguì con i tour che consolidavano il suo spessore di bluesman del Delta. Nel 1986 pensò che i tempi fossero tornati maturi e, con una piccola etichetta indipendente, pubblicò il disco Jealous.
“Stavo aspettando l'occasione giusta senza avere fretta. Volevo fare nuovi dischi perché c'erano molti nuovi musicisti davvero interessati al blues. Il miglior momento per il blues fu in Inghilterra negli anni '60. Suonai per due anni con gente come Eric Clapton e John Mayall, che riportarono in vita il blues, ed è quello che sta succedendo anche ora”, disse Hooker. Il suo giudizio era corretto: oltre alle nuove star del calibro di Stevie Ray Vaughan, il blues fu rinnovato e riportato in auge anche da stelle del passato come Hooker stesso e B.B. King, che ebbero in quel periodo il pubblico più vasto di tutta la loro carriera.


Il 1989 fu coronato dall'album The Healer, a cui presero parte celebrità quali Keith Richards, Bonnie Raitt, Robert Cray e Carlos Santana, e che guadagnò un Grammy Award. Seguirono per tutti gli anni '90 altri album, tour e giganteschi concerti ricchi di ospiti (Van Morrison, Eric Clapton, Ry Cooder).
La Blues Foundation e la National Academy of Recording Arts & Sciences lo premiarono con il Lifetime Achievement Award; vinse inoltre altri Grammy. Tra i vari riconoscimenti, anche una stella nella Hollywood Walk of Fame, e l'inclusione nella Rock and Roll Hall of Fame. “Boom Boom” e “Boogie Chillen” figurano nelle classifiche delle canzoni del secolo.
Nel 2001 Hooker cadde in malattia, e poco dopo, il 21 giugno, morì all'età di 83 anni nella sua casa in California. “Sono uno dei più grandi cantanti blues del mondo, ma non penso a me in questa maniera. Non ho mai sognato di diventare così famoso. Ma sapevo che avrei fatto tanta buona musica e non avrei lavorato in una fabbrica. Penso a me stesso come un tizio con qualcosa da dire”.
John Lee Hooker usò molte canzoni, come “Tupelo” e “Dark Room”, per illuminare gli angoli bui dell'esperienza umana – solitudine, disperazione, omicidio e apocalisse – con agghiacciante precisione ed empatia. Quando imitò gli ultimi rantoli di un uomo che affoga in “I'm Bad Like Jesse James” divenne l'angelo della morte, in grado di provocare brividi alla gente del pubblico attraverso la sua triste intensità.
“Indosso occhiali da sole perché mi scendono le lacrime talmente scendo in profondità. Lo so, hanno stile, ma li indosso solo per non far vedere le lacrime. Apro la bocca e lascio che i sentimenti escano. Io e la mia chitarra scendiamo più in profondità di chiunque altro”.
[fonti: box set Hooker (Shout, 2006); wikipedia.com]

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